25 aprile: liberi!
Il 25 aprile si celebra la “Liberazione”. Una ricorrenza molto importante che assume un particolare significato politico e militare poiché è simbolo della lotta di resistenza attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale.
Rappresenta anche l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che porterà poi al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta definitiva fra monarchia e repubblica: data importante anche perché per la prima volta furono chiamate alle urne le donne.
Mi piace ricordare questa data, tanto importante per la libertà, con una serie di scritti, di autori diversi, sul 25 aprile.
(Alessia S. Lorenzi - Riproduzione riservata)
E ora tocca a voi
E ora tocca
a voi battervi
gioventù del mondo;
siate intransigenti
sul dovere di amare.
Ridete di coloro
che vi parleranno di prudenza,
di convenienza, che
vi consiglieranno
di mantenere
il giusto equilibrio.
La più grande
disgrazia che vi
possa capitare
e' di non essere
utili a nessuno,
e che la vostra
vita non serva
a niente.
(Raoul Follerau)
Avevo Due Paure
La prima era quella di uccidere
La seconda era quella di morire
Avevo diciassette anni
Poi venne la notte del silenzio
In quel buio si scambiarono le vite
Incollati alle barricate alcuni di noi morivano d’attesa
Incollati alle barricate alcuni di noi vivevano d’attesa
Poi spuntò l’alba
Ed era il 25 Aprile
(Giuseppe Colzani)
Una volta avevo diciassette anni
Una volta che avevo diciassette anni ed ero quasi a forza partigiano
trovammo nel perlustrare una cantina due fascisti
Senza le armi son come scatole svuotate
e a noi due morti in più portavan niente
Così li aiutammo a sparire a calcinculo
Ma poi anni dopo uno lo incontrai che aveva una bambina
e mi guardò e mi disse
Ti devo la mia vita e lei
E io pensai che se avesse vinto lui la guerra
non ci saremmo stati né io né i miei due figli.
(Giuseppe Colzani)
Condanniamo la Guerra
Ho visto morti sconosciuti.
Sono questi che mi hanno svegliato.
Se un ignoto, un nemico diventa, morendo,
una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura di scavarlo,
vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno,
che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo,
dare una voce a questo sangue,
giustificare chi l'ha sparso.
Guardare certi morti è umiliante.
Non sono più faccenda altrui;
non ci si sente capitati sul posto per caso.
Si ha l'impressione che lo stesso destino
che ha messo a terra quei corpi,
tenga noialtri inchiodati a vederli,
a riempircene gli occhi,
Non è paura, non è la solita vita.
Ci si sente umiliati, perchè si capisce,
- tocca con gli occhi-
che al posto del morto potremmo esserci noi:
non ci sarebbe differenza,
e se viviamo dobbiamo al cadavere imbrattato.
Per questo ogni guerra è una guerra civile:
ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione.
(C. Pavese)
25 Aprile
L’importante è non rompere lo stelo
della ginestra che protende
oltre la siepe dei giorni il suo fiore
C’é un fremito antico in noi
che credemmo nella voce del cuore
piantando alberi della libertà
sulle pietre arse e sulle croci
Oggi non osiamo alzare bandiere
alziamo solo stinti medaglieri
ricamati di timide stelle dorate
come il pudore delle primule:
noi che viviamo ancora di leggende
incise sulla pelle umiliata
dalla vigliaccheria degli immemori
Quando fummo nel sole
e la giovinezza fioriva
come il seme nella zolla
sfidammo cantando l’infinito
con un senso dell’Eterno
e con mani colme di storia
consapevoli del prezzo pagato
Sentivamo il domani sulle ferite
e un sogno impalpabile di pace
immenso come il profumo del pane
E sui monti che videro il nostro passo
colmo di lacrime e fatica
non resti dissecato
quel fiore che si nutrì di sangue
e di rugiada in un aprile stupendo
quando il mondo trattenne il respiro
davanti al vento della libertà
portato dai figli della Resistenza.
(Giuseppe Bartoli)
Aprile 1945
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull’Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte
che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
le case non saranno mai più cosi ‘ immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno
qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria,
notte e dì, capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici
(D. Buzzati)
Uomo del Mio Tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda;
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
“;Andiamo ai campi!”. E quell'eco fredda, tenace
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
(Salvatore Quasimodo)
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