Archivio Articoli: Paolo Borsellino e Giovanni Falcone

 

Paolo Borsellino (19.01.1940 - 19.07.1992) e Giovanni Falcone (18.05.1939 - 23.05.1992)

 

Vorrei spendere due parole su Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, uomini eccezionali che avevano saputo mettere il dovere di verità al primo posto, prima ancora della loro stessa vita. 

Paolo Borsellino e Giovanni Falcone:  due grandi magistrati  che sono stati uccisi dalla mafia,  almeno così abbiamo sempre sentito dire. Quella “mafia”, bestia nera della Sicilia e dell’Italia intera. Quella “Cosa” che si nasconde dovunque, sì proprio dovunque: nelle campagne, nei luoghi deserti e lontani dalle città, in casolari vecchi e cadenti e in tutti i posti più impensati. E lo Stato? Nello Stato non c’è? Siamo abituati a sentire che  la mafia  è “quel ragazzo col giubbotto in pelle nera, che con moto  e casco”  tira fuori la pistola ed  elimina questo o quel personaggio scomodo, fuggendo tra la folla e seminando scompiglio in  qualche strada del centro e in pieno giorno. Mai immaginiamo che uno in giacca e cravatta che occupa un posto rispettabile nella politica, sia coinvolto in qualche attività mafiosa. No, non è nell’immaginario comune. Eppure lo stesso Paolo, il grande Paolo Borsellino, diceva “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.” Lo sapeva bene lui che continuava a dire: “C'è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto.

No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali.”

Eppure “loro”, gli uomini di una "certa" Politica, sono pronti a commemorare questi nostri grandi uomini, vittime della Mafia. Ma non ci dicono altro, non ci dicono esattamente quello che in quegli anni accadeva e perché mai Paolo dicesse con amarezza: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d'accordo.”

Questi uomini in giacca e cravatta che circolano in auto superprotette, che ci parlano di economia, di come far aumentare il tasso di occupazione, di proposte di legge per sconfiggere questo o quel male sociale, dimenticano di dirci che lo Stato a volte, ha fatto dei compromessi che sono costati la vita a tante persone che avevano una sola colpa: volere chiarezza.

Forse toccherebbe più a noi, persone semplici,  andare in giro a commemorare e a parlare col cuore di questi uomini che avevano il grande desiderio  di combattere la corruzione della politica, di portare a galla il freddo  “connubio”  tra Stato e mafia e che hanno dato la vita per questo.

Intanto il machiavellico “motore” della politica italiana, va avanti e noi ci sentiamo inermi davanti a tutto ciò e forse ci stiamo abituando ad accettare passivamente questa realtà. Ma non dovremmo. Dovremmo piuttosto ricordare le parole di Paolo, più attuali che mai: “La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” Oppure le parole di Giovanni: ‘Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.’

(Alessia S. Lorenzi - Riproduzione riservata)