Vi racconto la Divina Commedia

 

Una passeggiata tra i Canti più significativi della Comedìa partendo dalla "selva oscura..." per arrivare all' "amor che move il sole e l'altre stelle", ricordando  "Ché perder tempo a chi più sa più spiace. "

Artista: Luca Signorelli
Artista: Luca Signorelli

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I pericoli morali che Dante affronta nel suo viaggio  attraverso l’Inferno  sono la lussuria, la superbia e l'avarizia. Questi tre peccati rappresenteranno  momenti chiave di quel suo viaggio immaginario. Uno dei canti della Divina Commedia  più amati o, forse, il più amato  in assoluto  è il  Canto V.  Inferno Canto V: Paolo e Francesca

Il V Canto dell'Inferno commentato da Roberto Benigni

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Brevemente la storia della Divina Opera…

 

Prima di iniziare a "raccontare" ciò che accade nei diversi canti che sceglierò di volta in volta, non posso non riassumere brevemente la storia di questa grande opera.

Dante iniziò a scrivere la Commedia (o meglio Comedìa, come lui stesso la definisce) durante l’esilio.

E’ incerto il periodo di stesura dell’intera opera  ma si pensa che sia stata scritta tra il 1300 e il 1321, anno in cui si suppone sia stato ultimato il Paradiso.

L’aggettivo Divina fu aggiunto successivamente da Giovanni Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante e comparve per la prima volta in un’edizione del 1555.

Ma perché Dante chiamò la sua opera Comedìa? Ovviamente Dante conosceva le teorie retoriche che la cultura medievale aveva ereditato dal mondo greco-latino: l'opera si chiama Comedìa perché ha un inizio triste e un lieto fine; perché la sua lingua è il volgare e il suo stile è umile e dimesso. Comedìa dunque in contrapposizione a Tragedìa che era  il genere nobile per  la lingua e lo stile utilizzati.

Dante, da cristiano, interpreta gli insegnamenti classici in modo originale: per il cristiano la storia più bella è il racconto della morte di Cristo e della sua resurrezione, una storia che comincia non bene ma ha un esito felice. Ecco perché Dante chiama la sua opera comedìa: essa è racconto di uomini e fatti grandiosi, ma anche di vita quotidiana, il cui senso è  nobile in ogni caso, perché non solo l'accadimento o l'uomo o lo stile eccelso e nobile, ma anche il piccolo e umile hanno implicito in sé il senso profondo della storia umana: la continua lotta contro il peccato alla ricerca della salvezza.

Il poema è allegorico, pertanto si serve di personaggi e figure simboliche per trasmettere un insegnamento morale: mostrare agli uomini gli effetti negativi del peccato e nello stesso tempo indicare la via della redenzione spirituale.

Dante,  smarritosi in una selva oscura, cerca di uscirne guidato prima da Virgilio a visitare l'Inferno e il Purgatorio, e poi da Beatrice alla visione dei beati e di Dio nel Paradiso. Egli rappresenta l’uomo che,  caduto nel peccato, riconosce gli errori commessi e si pente con l’aiuto di Virgilio che rappresenta la Ragione umana. L'anima, una volta purificata, può comprendere le  verità della fede, sotto la guida di Beatrice, e pervenire alla beatitudine celeste e all'unione con Dio. Beatrice che non è solo la donna-angelo dello Stilnovo, ma è la  raffigurazione di Cristo, della grazia divina e della teologia rivelata che può condurre l'uomo alla salvezza eterna.

 

(Alessia S. Lorenzi  © Riproduzione riservata)

La Medusa - Olio su tela di Daniele Albatici
La Medusa - Olio su tela di Daniele Albatici

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